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La “resurrezione” della rivalutazione: sarà vera gloria?

Con sentenza n.293 del 9 novembre 2011 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 11, commi 13 e 14, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, legge 30 luglio 2010, n. 122.

Detto in parole povere, è stata eliminata la norma introdotta nel luglio 2010 con cui “qualcuno” si era illuso di risolvere d’imperio la questione se anche la somma corrispondente all’indennità integrativa speciale (la parte più cospicua dell’assegno bimestrale di cui alla legge n.210/1992) fosse da assoggettare alla rivalutazione Istat secondo il t.i.p.

Anzitutto desideriamo rinnovare i nostri complimenti a coloro i quali hanno brillantemente  discusso il caso in Corte.

Grazie di vero cuore!

Emotivamente e professionalmente siamo stati molto coinvolti dalla vicenda in quanto tutte le precedenti Cassazioni (tanto le due favorevoli del 2005 e del 2007, quanto le due sfavorevoli del 2009, per le quali – per inciso – siamo tempestivamente e provvidenzialmente andati allla CEDU, dalla quale attendiamo con curiosità le decisioni) riguardavano clienti assistiti dal nostro studio (e la ragazza alla quale “dobbiamo” la primissima sentenza, la n.15894 del 2005, purtroppo non c’è più).

Giustizia sembra essere stata fatta!

Ad ogni buon conto, rimandando ad altro momento ogni commento tecnico più approfondito su quanto affermato dallla Corte crediamo che, pragmaticamente, sia doveroso cercare di far immediatamente capire a chi già percepisce l’indennizzo cosa potrà accadere e come eventualmente sia opportuno muoversi senza attendere i proverbiali tempi biblici della PA.

Cerchiamo di ipotizzare i vari scenari e le possibili soluzioni, utilizzando per quanto possibile un linguaggio comprensibile anche ai non addetti ai lavori:

a) soggetti che abbiano ottenuto una sentenza definitiva (cioè passata in giudicato) favorevole, con espressa declaratoria dell’obbligo dell’amministrazione di rivalutare i ratei anche per il futuro.

In questo caso Iil buon senso vorrebbe uno spontaneo – o al più sollecitato da previa diffida – adeguamento da parte dell’Amministrazione.

Tuttavia, poichè sono ormai arcinote le lungaggini della PA (specie se parliamo del Ministero della Salute), l’esperienza suggerisce di notificare atto di precetto per le ulteriori differenze maturate (di norma non c’è neanche bisogno di conferire mandato ad hoc all’avvocato, abilitato a farlo già in forza della delega originariamente conferitagli) oppure (strada già percorsa con ampia soddisfazione da una carissima collega) promuovere ricorso per ottemperanza avanti al tar competente per territorio in funzione del luogo di residenza del danneggiato. Il giudice amministrativo, se l’Amministrazione non provvede, nomina un commissario ad acta che “fa le veci” dell’amministrazione inerte, risolvendo il problema una volta per tutte e senza bisogno di doversi nuovamente rivolgere all’autorità giudiziaria.

b) soggetti che abbiano ottenuto una sentenza definitiva (cioè passata in giudicato) limitata ad uno specifico periodo di tempo.

In questo caso c’è comunque il riconoscimento di un diritto, quindi anche in questo caso sarebbe certamente auspicabile che l’amministrazione si adeguasse spontaneamente con un provvedimento amministrativo ad hoc. Tuttavia, se così non fosse, o se comunque l’interessato non intendesse attendere i tempi dell’Amministrazione, non resterà che agire nuovamente per far accertare una volta per tutte da un tribunale il diritto a vedersi rivalutare annualmente l’indennizzo nella sua integrità.

Personalmente riterrei più opportuno un ricorso ordinario innanzi al giudice del lavoro, giusto per risolvere tombalmente la questione, mentre a mio parere il ricorso per decreto ingiuntivo, oltre a non essere risolutivo, poichè riguarderebbe necessariamente un determinato periodo, creerebbe un ingiustificato aggravio di spese per l’utente.

c) soggetti che abbiano ottenuto una sentenza favorevole (con declaratoria dell’obbligo dell’amministrazione di rivalutare i ratei anche per il futuro oppure limitata ad uno specifico periodo di tempo), ma per i quali l’amministrazione abbia proposto impugnazione.

Per questa ipotesi si può cercare di mettere in pagamento (bonariamente o con azioni di forza) quanto sinora maturato (le sentenze, ancorchè impugnate, sono provvisoriamente esecutive) e poi “resistere” alla proposta impugnazione, senza escludere la possibilità che l’amministrazione vi possa propria sponte rinunciare per non doversi accollare ulteriori spese legali.

d) soggetti che non abbiano ancora ottenuto alcuna sentenza

Spesso si tratta di cause congelate in attesa del responso della Corte Costituzionale, che però ora è arrivato.

Non resta quindi che attendere la- auspicabilmente – positiva conclusione dei singoli processi (per quanto riguarda il nostro studio, entro fine mese avremo già le prime sentenze, si spera favorevoli).

e) soggetti che abbiano ottenuto una sentenza negativa:

  1. se non sono ancora decorsi i termini per impugnare è opportuno affrettarsi a farlo tramite il proprio legale di fiducia;
  2. se si è già proposta impugnazione non resta che attendere con fiducia l’epilogo, segnalando al giudice il mutato quadro normativo di riferimento
  3. se sono scaduti i termini per per impugnare teoricamente non ci sarebbe purtroppo più nulla da fare, ma la questione è tuttavia meritevole di approfondimento. Si potrebbe infatti formulare al giudice competente un’istanza per essere rimessi in termini, sulla sorta del pronunciamento della Corte Costituzionale ovvero rivolgersi alla CEDU sostenendo che non si è impugnato perchè la legge negava il diritto.

f) soggetti che ancora non abbiano fatto causa. in attesa di un certamente auspicabile, ma obiettivamente poco probabile riconoscimento della rivalutazione in via amministrativa, il mio suggerimento è quello di interrompere subito la prescrizione con una richiesta stragiudiziale e poi agire avanti al giudice del lavoro per il riconoscimento di arretrati e adeguamento anche per il futuro.

Per quanto riguarda le persone assisitite dallo scrivente studio, a partire da lunedì p.v. avvieremo un controllo capillare di ogni singola posizione e, se necessario, contatteremo gli interessati per ii chiarimenti del caso e per eventuali confronti sulle modalità – stragiudiziali o giudiziali – più opportune attraverso cui procedere, a seconda dei casi, all’ottenimento, al recupero o al ripristino della rivalutazione Istat secondo il t.i.p. anche sulla somma corrispondente all’indennità integrativa speciale.

Per il momento manterremo in vita il ricorso collettivo alla CEDU, anche come garanzia che, dall’alto, non piova qualche altra novità che nuovamente affossi le legittime aspettative dei danneggiati.

Premesso infatti che, in ogni caso, la CEDU sarà quanto prima chiamata a pronunciarsi sui due ricorsi individuali da noi proposti avverso le due sentenze negative della Corte di Cassazione del 2009, non sarebbe male – anche come “monito” per il futuro, ottenere una pronunzia che affermasse che, a prescindere da qualsiasi valutazione relativa a comportamenti discriminatori posti in essere dal legislatore, è di per sè contrario alle carte internazionali non sottoporre al meccanismo rivalutativo anche la somma corrispondente all’indennità integrativa speciale.

Sulla questione abbiamo comunque già avviato un serrato confronto con gli altri legali impegnati inelle note materie.

Naturalmente siamo a completa disposizione di tutti per ogni eventuale chiarimento, in calce al presente articolo oppure a mezzo mail all’indirizzo info@studiolegalelrs.it

Cordialmente

Avv. Simone LAZZARINI

Corte Costituzionale, sentenza n.293 del 9 novembre 2011