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Il risarcimento del danno non patrimoniale da ritardata conclusione del procedimento amministrativo ex lege 210/1992 resiste anche alle SS.UU.

Come promesso in altro articolo, pubblichiamo le due ultime sentenze, in ordine di tempo, di un “corposo” filone giurisprudenziale che, almeno in Lombardia, da qualche anno giustamente punisce il comportamento della Pubblica Amministrazione nel trattare con eccessiva “calma” le pratiche d’indennizzo ex lege 210/1992 riguardanti soggetti affetti da talassemia major.
Precisiamo che il medesimo orientamento è stato seguito anche per i trasfusi occasionali e per gli eredi di soggetti deceduti.
Interessante, in particolare, è la seconda delle due pronunzie, con la quale la Corte di merito chiarisce che la recente sentenza della Corte di Cassazione sul danno esistenziale non impedisce di riconoscere il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale nel caso in esame.
Ecco i passaggi più significativi della decisione:
Il principale motivo d’appello propone una controversa questione che ha avuto di recente soluzione favorevole all’appellante nei precedenti di questa Corte (c.f.r. sent. n. 1237/2008 rel. Trogni).
Come rilevato nella nota sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 6572 del 24/03/2006, precipuo rilievo assume rispetto al danno non patrimoniale che, nella fattispecie, è costituito dai patimenti fisiopsichici per l’ingiustificato protrarsi dell’attesa di una prestazione dovuta danno la prova per presunzioni, mezzo peraltro non relegato dall’ordinamento in grado subordinato nella gerarchia delle prove, cui il giudice può far ricorso anche in via esclusiva (tra le tante Cass. n. 9834 del 6 luglio 2002) per la formazione del suo convincimento, purché, secondo le regole di cui all’ art. 2727 cod. civ. venga offerta una serie concatenata di fatti noti, ossia di tutti gli elementi che puntualmente e nella fattispecie concreta ( e non in astratto) descrivano quei fatti da cui si possa coerentemente risalire al fatto ignoto, ossia all’esistenza del danno, facendo ricorso , ex art. 115 cod. proc. civ. a quelle nozioni generali derivanti dall’esperienza , delle quali ci si serve nel ragionamento presuntivo e nella valutazione delle prove.
D’altro canto, per quanto riguarda il “tipo” di danno lamentato, non potrebbe essere invocata, per affermarne l’irrisarcibilità, la recentissima sentenza della Corte di Cassazione n. 26972 dell’11 novembre 2008, che reagisce alle tendenze moltiplicative delle voci di danno ed in forza della quale la sofferenza per l’ingiustificata lunga attesa, rientrerebbe comunque nel danno morale risarcibile secondo le previsioni dell’art. 2059 cod.civ., nell’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalle sentenze 8827 ed 8828/2003.
Nel caso in esame l’appellante è affetta da talassemia maior e quindi da una patologia che ha imposto e impone di sottoporsi a periodiche trasfusioni di sangue. A causa delle trasfusioni subite a questa patologia si è associata un’altra grave malattia rappresentata dalla epatopatia cronica.
Per queste situazioni lo Stato ha riconosciuto il diritto ad una prestazione economica, di natura assistenziale, fondata sulla solidarietà collettiva garantita ai cittadini, alla stregua degli artt. 2 e 38 della Costituzione, a fronte di eventi generanti una situazione di bisogno ( v. Corte Cost. n. 226/2000 e n. 342/2006; Cass. conf.).
Ma per il riconoscimento di questa prestazione , la …………… ha dovuto attendere quasi sei anni dalla domanda (domanda amministrativa del 20 febbraio 1995, comunicazione dell’ esito della visita nel gennaio 2000; inizio dell’erogazione bimestrale il 31/7/2000 ed erogazione degli arretrati al 7/8/2000, nonostante il caso non presentasse particolari problemi sotto il profilo medico-legale).
E’ vero, come affermato dalla Suprema Corte in una recente sentenza ( Cass. n. 6436/2008 in fattispecie di ritardo nella esecuzione della sentenza di primo grado), che l’indennizzo non è strumento direttamente rivolto alla garanzia del diritto alla salute: tuttavia è lo Stato che ritiene giustamente di sostenere sotto il profilo economico chi incolpevolmente ha contratto una grave patologia a carattere cronico e vi deve convivere stabilmente. Nel caso in esame, si tratta di soggetto per il quale la nuova patologia a carattere cronico, l’epatite, si è aggiunta ad una situazione già gravemente penosa quale la talassemia e che ha contratto la nuova malattia per curare la prima.
Ed allora non può negarsi che il ritardo ingiustificato di anni ( rispetto al pur ampio termine di cui all’ art. 5 legge n. 210 del 1992 e di cui al d.m. n. 514/1998 ) nella erogazione dell’indennizzo non può non incidere su valori costituzionalmente tutelati (artt. 2 e 38 cost.), in particolare sul diritto di affrontare le pene di una grave malattia e di una condizione di vita inevitabilmente compromessa con la dignità cui concorre anche la tranquillità economica che in questo caso è espressione di un dovere di solidarietà sociale, che viene dunque a sua volta gravemente vulnerato dall’attesa per anni del riconoscimento del proprio diritto non motivata da ragione alcuna.
Tale danno va liquidato d’equità, secondo il criterio già in precedenza seguito da questa Corte in ragione del 20% dell’importo capitale dovuto all’appellante dalla scadenza del termine massimo previsto dalla legge per l’erogazione della prestazione sino al saldo effettivo
“.

Corte d’Appello di Milano, Sezione Lavoro, sentenza n.1237/2008

Corte d’Appello di Milano, Sezione Lavoro, sentenza n.74/2009