Ottobre 10

Il TAR Lazio annulla le esclusioni dalle transazioni per il risarcimento del danno biologico motivate sul solo “paletto” dell’art.5 comma 2 del DM 04.05.2012 (c.d. “ante 78”))

Con sentenza n.10156, depositata il 10 ottobre 2017 il TAR Lazio, Sezione Terza Quater ha annullato una serie di provvedimenti con i quali il commissario ad acta designato nell’ambito della class action amministrativa a suo tempo proposta da alcune associazioni aveva respinto le domande dei ricorrenti volte all’adesione alla procedura transattiva ex art. 5, comma 2, del d.m. Salute 4 maggio 2012 risultando violato il (solo) parametro temporale alla stregua del quale non avevano accesso alla predetta procedura coloro peri quali fosse risultato un evento trasfusionale anteriore al 24 luglio 1978.
La decisione del TAR è motivata principalmente sull’efficacia verso tutti del d.P.R. 4 maggio 2015 il quale, recependo il parere n. 14 reso dal Consiglio di Stato, Sez.
II, il 5 gennaio 2015, ha annullato l’art. 5, comma 2, del d.m. Salute 4 maggio 2012 nella parte in cui poneva il limite temporale in parola.
Ad essere stato annullato, infatti, è un atto amministrativo generale in una parte in cui lo stesso ha un contenuto inscindibile, producendo in conseguenza effetti erga omnes posto che tale contenuto, sostanzialmente e strutturalmente unitario, non può sussistere per taluni e non esistere per altri (ex multis, C.d.S., V, 14 giugno 2016, n. 2907).
Il TAR Lazio ha anche chiarito che, pur non residuando ulteriori margini di esecizio di discrezionalità in capo al Ministero della Salute (nel senso che, evidentemente, l’Amministrazione non potrà ora escludere i ricorrenti dalla transazione per motivi nuovi e diversi da quello dell’ante 1978 ormai dichiarato illegittimo), la necessità di compiere ulteriori adempimenti istruttori o verifiche da parte dell’Amministrazione ovvero del commissario ad acta non consentiva, per il momento, di accogliere favorevolmente la domanda di accertare e dichiarare il diritto dei ricorrenti all’accoglimento delle singole domande di adesione a suo tempo presentate, in quanto rientranti nella previsione di cui all’art.5 del D.M. 4 maggio 2012 per l’applicazione dei moduli transattivi.
Tanto premesso lo studio prenderà a breve contatti con i diretti interessati per definire i passi successivi da compiere per arrivare ad un positivo epilogo dell’ormai annosa vicenda i cui passaggi salienti sono ben evidenziati dalla sentenza qui di seguito riportata per esteso.

Avv. Simone LAZZARINI

TAR Lazio, Sezione Terza Quater, sentenza 10 ottobre 2017, n.10156 versione privacy

Luglio 31

Transazioni per i danni da sangue infetto: non molliamo!?

Cari amici,
anche se alcuni danneggiati hanno deciso di accettare l’equa riparazione non dobbiamo a mio parere perdere di vista l’obiettivo originario delle nostre fatiche: la transazione ex l.222 e 244/2007.
Almeno per quanto riguarda gli assistiti dello studio ritengo infatti opportuno analizzare meticolosamente ogni singola posizione onde suggerire a ciascun danneggiato quale sia la soluzione preferibile da percorrere.
In proposito desidero segnalarvi che:
1) sono ormai definitive le sentenze del TAR Lazio nn.3821, 3865 e 3866/2017 che, in merito al DM 04.05.2012, hanno dichiarato l’illegittimità dell’art.5 comma 2 (così definitivamente eliminando il paletto ante 1978) e che, sia pure obiter dictum, hanno confermato che l’art.5 comma 1 va applicato secondo le norme del codice civile;
2) per le posizioni che ancora non hanno avuto risposta dal MINISTERO lo studio ha in questi mesi inoltrato diffide e/o attivato ricorsi al TAR individuali per far accertare l’illegittimità del silenzio sulle domande di transazione. Tali ricorsi saranno discussi quest’autunno dopo che il Consiglio di Stato, lo scorso 21 luglio, ha stabilito in via definitiva che è competente per territorio il TAR del luogo ove la causa risarcitoria è pendente e non quello di residenza del danneggiato;
3) il 3 ottobre p.v. discuteremo al TAR Lazio il merito di numerosi rigetti delle domande di accesso alla transazione motivati sul solo paletto dell’ante 1978 ormai annullato ed un merito relativo invece a soggetto escluso perché astrattamente prescritto ma con sentenza di primo grado favorevole ed identica posizione processuale e sostanziale ad alcune decine di soggetti che hanno invece a suo tempo ottenuto un provvedimento favorevole da parte del commissario ad acta;
4) a fine giugno abbiamo diffidato il MINISTERO DELLA SALUTE a convocarci per transare con riferimento a quei soggetti muniti di provvedimento di ammissione sottoscritto dal commissario ad acta: ad oggi tutto tace, sicchè alla ripresa dopo la pausa feriale si deciderà come procedere in modo incisivo;
5) ai primi di luglio abbiamo inoltrato al MINISTERO DELLA SALUTE le nostre controdeduzioni su 7 ricorsi straordinari al Capo dello Stato (corredati di domanda di sospensiva) presentati da eredi di soggetti deceduti avverso altrettante esclusioni motivate sull’erronea applicazione dell’art.5 comma 1 dm 04.05.2012 che l’Amministrazione vorrebbe far valere anche per gli eredi di soggetti deceduti, per i quali invece lo stesso decreto moduli prevedeva a nostro giudizio chiaramente che il termine utile per agire giudizialmente fosse di 10 anni dalla data del decesso.
C’è poi un singolare precedente giurisprudenziale che va a mio parere attenzionato.
Il TAR Napoli, con sentenza n.805/2017, ha confermato che il giudice amministrativo è competente anche per la fase di stipula della transazione (non soltanto per la procedura di accertamento dei requisiti) ed ha ordinato al MINISTERO di provvedere, cosa ovviamente non avvenuta.
Con successiva ordinanza il TAR Napoli risulta aver rinviato al 27 settembre p.v. per la trattazione dell’istanza di nomina di commissario ad acta il quale, a questo punto, dovrebbe porre in essere tutti gli atti necessari alla stipula del negozio transattivo
La cosa davvero singolare è che la sentenza di merito relativa alla domanda risarcitoria, è un primo grado di rigetto, nel merito, delle pretese di eredi di soggetto deceduto (tra l’altro sembrerebbe pure che il risarcimento del danno iure ereditario fosse in realtà prescritto)
Credo sia interessante capire come va a finire questa storia in quanto sarebbe francamente schizofrenico un sistema che consentisse di transare a chi ha sentenza negativa precludendo invece tale possibilità a chi invece non ha ancora alcuna decisione o ha sentenza favorevole come la quasi totalità dei nostri assistiti.
Buone vacanze

Avv. Simone LAZZARINI

Giugno 1

L’indennizzo ex lege 210/1992 spetta anche ai soggetti contagiati da HCV a seguito di dialisi

Con sentenza n.1625 del 31 maggio 2017 il Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, ha riconosciuto il diritto all’indennizzo ex lege 210/1992 ad un danneggiato assistito dal nostro studio che, in conseguenza della inadeguata pulizia del macchinario utilizzato per la dialisi, ha purtroppo contratto il virus dell’ HCV.
Il tribunale ha quindi mostrato di condividere l’orientamento giurisprudenziale inaugurato con Cass. Sez. 3, 16/04/2013 n. 9148, a mente della quale “L’art. 1, comma 3, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (che contempla un’indennità in favore dei soggetti emotrasfusi per danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali), a seguito della sentenza additiva della Corte costituzionale n. 28 del 2009, deve essere interpretato in modo costituzionalmente orientato e dunque alla luce del nuovo significato che l’enunciato normativo ha assunto in forza della predetta declaratoria di illegittimità costituzionale, nonché di altra precedente recata dalla sentenza n. 476 del 2002. Ne consegue che la norma deve essere intesa nel senso di includere, nel rischio per il quale essa prevede la corresponsione di un indennizzo, anche quello della contaminazione del sangue del paziente dializzato a causa di una scarsa pulizia del macchinario utilizzato per la dialisi, che determini la persistenza di sostanza ematica infetta di altro paziente”.
Se può naturalmente registrarsi grande soddisfazione per il risultato raggiunto in sede giudiziaria, che apre in prospettiva la strada ad iniziative di analogo tenore per ampliare la portata applicativa della legge 210/1992, va viceversa manifestata grande preoccupazione per la prassi, evidentemente assai più diffusa di quanto si possa pensare (e probabilmente legata a esigenze di contenimento della spesa pubblica), di utilizzare il medesimo macchinario tanto per soggetti dializzati già contagiati dal virus dell’HCV quanto per soggetti non ancora contagiati.
Sapere che ancora nel 2012 (data alla quale risale con certezza il contagio) un ospedale pubblico dell’hinterland milanese utilizzava con assoluta disinvoltura (e forse utilizza tuttora) un unico macchinario per trattare, indifferentemente, dializzati affetti da HCV e dializzati non ancora affetti da tale infezione appare quanto meno sconcertante a nulla valendo le formali giustificazioni di rito addotte dalla struttura circa la corretta applicazione delle linee guida e/o il richiamo alla fantomatica “letteratura scientifica“, troppo spesso invocata a sproposito, come se bastasse che un dato argomento non sia mai stato adeguatamente trattato in quella sede per escludere la probabilità che, nel caso concreto, un dato evento non sia sia invece verificato.

Maggio 18

Milano riafferma la responsabilità del Ministero della Salute anche per trasfusioni di sangue infetto precedenti al 1978 ed il carcinoma epatico è una lesione nuova, idonea a far decorrere ex novo il termine di prescrizione per agire in giudizio

Con due sentenze, pubblicate a distanza di un giorno, la Corte d’Appello (sentenza 16 maggio 2017, n.2105) prima ed il Tribunale di Milano poi (sentenza 17 maggio 2017, n.5551) hanno riaffermato – in casi seguiti dal nostro studio – la responsabilità del Ministero della Salute per trasfusioni di sangue infetto somministrate rispettivamente nel 1976 e nel 1975 e dunque in epoca anteriore a quel 1978 che, incomprensibilmente, l’Amministrazione si ostina a voler indicare quale “sbarramento temporale” prima del quale non sarebbero ravvisabili responsabilità ministeriali in punto di omessa vigilanza sul sistema-sangue.
Tali sentenze, in effetti, non fanno che avvalorare la piena fondatezza dell’ormai granitico orientamento assunto dalla stessa giurisprudenza di legittimità (Corte di Cassazione, sentenze nn.9549 e 9550 del 13 aprile u.s.).
Tralasciando l’entità non trascurabile dei risarcimenti accordati dai giudici milanesi nei due casi recentemente decisi (rispettivamente quasi 650.000 euuro ed oltre 230.000 euro), mi pare davvero importante e significativo il principio affermato dal Tribunale di Milano nella seconda sentenza.
L’epatocarcinoma rappresenta, è vero, una nota complicanza dell’infezione da epatite C, ma non può per questo considerarsi un mero aggravamento del danno già insorto.
Al contrario tale complicanza costituisce manifestazione di una lesione nuova ed autonoma che pone il danneggiato, già portatore del virus, di fronte ad una consapevolezza diversa in relazione alla notevolmente maggiore gravità e diversa situazione di danno che la malattia oncologica comporta.
Dall’applicazione di tale principio derivano due importanti conseguenze, fatte proprie dal tribunale milanese:
1) se anche è prescritto il danno epatico originariamente subito per effetto del contagio, altrettanto non può dirsi per il danno, nuovo e diverso, insorto per effetto dell’epatocarcinoma;
2) non è possibile scomputare l’indennizzo percepito per una patologia (epatopatia cronica cirrotica HCV correlata) dal risarcimento riconosciuto per una patologia diversa quale l’epatocarcinoma.
Pertanto, pur ovviamente augurando che nessuno abbia di questi problemi in futuro, è doveroso segnalare come la verifica sull’opportunità di agire in giudizio per richiedere l’eventuale risarcimento dei danni sia effettuata – anche per quanto riguarda il delicato problema della prescrizione – caso per caso, avuto riguardo alla specificità del singolo danneggiato.

Avv. Simone LAZZARINI

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